Scontro tra nuotatori

Durante l’attività natatoria, a seconda del livello tecnico conseguito dai nuotatori, non sempre la responsabilità, in caso di sinistro, grava solo ed unicamente sul gestore l’attività.

Con la sentenza in oggetto, la Suprema Corte, in riforma a quanto deciso in un primo momento dal Giudice di merito, ha riconosciuto anche la responsabilità del nuotatore il quale deve intraprendere la propria attività con consapevolezza e nel rispetto della sicurezza dei terzi.

MASSIMA: “nell’ipotesi di scontro fra due soggetti che, durante un corso, nuotano in sensi opposti nella stessa corsia risponde tanto il gruppo organizzatore del corso, che deve disporre modalità organizzative idonee ad evitare gli scontri in vasca, quanto il nuotatore che svolge la propria attività “contromano” che, avendo la capacità di rendersi conto della pericolosità della situazione in cui sta nuotando non può limitarsi ad eseguire supinamente e pedissequamente quanto gli viene indicato dall’istruttore”.

IL CASO: la signora AMD. Citava in giudizio C. ed il gruppo sportivo 3G Nuoto Valenza, per sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti a seguito di un incidente avvenuto presso la piscina comunale. Durante un corso di nuoto, gestito dal Gruppo sportivo, la signora, mentre eseguiva i propri esercizi così come impartiti dall’istruttrice, veniva colpita al naso da C. che stava nuotando a delfino in senso opposto. Il tribunale escludeva qualsivoglia responsabilità in capo al nuotatore riconoscendo quale unico soggetto responsabile, il gruppo sportivo.

A fronte dell’impugnazione della sentenza la Corte di Appello adita riformava parzialmente la sentenza riconoscendo la responsabilità solidale anche del nuotatore C.

Chiamata a risolvere la controversia la Suprema Corte ha ribadito la concorrente responsabilità del C. rilevando come lo stesso non possa andare esente da responsabilità “per il solo fatto di aver eseguito le indicazioni impartite dall’istruttrice”. Secondo la Cassazione infatti, il nuotatore (C.) era in grado di rendersi autonomamente conto della potenziale pericolosità dell’attività natatoria in corso; pertanto, lo stesso, non era tenuto ad eseguire “supinamente e pedissequamente” le istruzioni impartite, ma avrebbe dovuto valutare anche in autonomia le modalità di azione al fine di non arrecare pregiudizi a terzi.

Un nuotatore, presumibilmente esperto, in quanto praticante esercizi complessi quali per esempio la nuotata a delfino, ed in grado di rispettare “tempi e prescrizioni” deve anche porsi nella condizione di svolgere gli esercizi in sicurezza. Non si può pensare che il fatto di partecipare ad un corso di nuoto esoneri dal mantenere quel grado di attenzione e coscienza che sempre viene richiesto dalle comuni regole di diligenza e correttezza.

La Corte ha correttamente rilevato che, stante l’attività pericolosa ex art. 2049 cc l’organizzatore avrebbe sì dovuto adottare misure idonee nella gestione dei corsi, con programmazione del corso in modo dettagliato ed attento anche alla luce del livello dei corsisti nonché degli esercizi da svolgere (si pensi per esempio al caso in cui l’istruttore divide gli atleti in base ad andature, capacità, tecniche stilistiche etc); ma altrettanto ha voluto sensibilizzare gli utenti stessi alla personale responsabilità e attenzione che anche a questi compete soprattutto in relazione alle loro effettive capacità.

Tuttavia occorre chiedersi come i tribunali e la Corte potrebbero risolvere le diverse e potenziali richieste in caso di scontro tra nuotatori. Non sempre infatti ci troviamo di fronte a gruppi omogenei con capacità similari. Vero è che, come sopra evidenziato, sussiste in capo al gestore l’obbligo di porre in sicurezza l’attività. Tuttavia, è altrettanto vero che non tutti i corsisti si trovano (per paura, agitazione, ansia etc. ) in grado di comprendere effettivamente i potenziali pericoli che i loro comportamenti possono arrecare ai terzi.

Inoltre interessante sarebbe l’analisi delle responsabilità in caso di scontro di due utenti durante le ore del nuoto libero. In questo caso il gestore della piscina è tenuto a regolarizzare l’attività delle corsie oppure no? Se il gestore non regolarizza l’attività delle corsie è chiamato a rispondere dei danni sofferti dagli utenti? Se regolarizza l’attività delle corsie può essere accusato di “discriminare” i nuotatori meno esperti?